"È ora di farla finita con tutte queste idee esaltate, bisogna tornare alla ragione. Tutto questo, l'estero e tutta questa vostra Europa, non è altro che una chimera... si rammenti delle mie parole, e se ne accorgerà lei stesso!" aveva concluso in tono addirittura indignato Lizavèta Prokòf'evna, al momento di congedarsi da Evgènij Pàvlovič.

giovedì 29 settembre 2016

Lo Stato hitleriano



"Chi vuole dominare sugli uomini cerca di svilirli, di sottrarre loro forza di resistenza e diritti, finché siano davanti a lui impotenti come animali. Egli li trasforma in animali, e anche se non lo dice apertamente, entro di sé è ben cosciente di quanto poco gli importino: parlandone con i suoi confidenti egli li definirà pecore o gregge. Il suo scopo resta sempre quello di "incorporarseli" e di sfruttarli. Gli è indifferente ciò che resterà di loro. Quanto peggio li ha trattati tanto più li disprezza. E quando non presentano più nulla di sfruttabile egli se ne libererà di nascosto, come dei propri escrementi, preoccupandosi che non appestino l'aria della propria abitazione"
Elias Canetti da "Massa e potere"

Nell'immagine: "Lo stato hitleriano di Magnus Zeller"

lunedì 26 settembre 2016

Deportazioni selettive





Si, soltanto dei cretini. Peccato che non siano affatto dei cretini, anzi. Bisogna intendersi sulle definizioni. Tutto ciò è perseguito con intento criminoso. Sottovalutare l'avversario non è mai una buona strategia.
Per mezzo delle guerre e delle occupazioni vengono create le condizioni per rapinare le aree e le popolazioni più povere, impedendone lo sviluppo, sia per motivi di controllo geopolitico, tramite gli eserciti, sia per sfruttamento economico dei territori, che vengono gradatamente desertificati e colonizzati (anche a livello culturale), tramite le multinazionali e le tanto osannate ONG. 
Contemporaneamente si creano crisi migratorie selettive (vere e proprie deportazioni), mirando alla creazione di un esercito industriale di riserva, che lavori a bassi salari nel mondo occidentale, soprattutto in Europa, favorendo ulteriormente la loro compressione, la precarizzazione e la disoccupazione (già attuati con successo per mezzo della svalutazione competitiva interna), e istigando ulteriormente la guerra tra poveri.
Selettive, perché solo i migranti con energie "migliori", quelli più specializzati e con maggiori "risorse" economiche ce la fanno. Gli altri o restano a morire in patria, oppure muoiono a migliaia durante il viaggio, oppure vengono respinti nei campi di concentramento creati ad hoc (Grecia, Turchia, Egitto ecc.). 
Inoltre, si creano dei guadagni a latere per gli stessi negrieri e per i mandanti, mediante il traffico di organi, che intascano, è bene ribadirlo, anche i soldi degli stessi migranti.
Un neo schiavismo, simile e, per dei versi, ben peggiore di quello attuato nel corso dei secoli scorsi.
Fermarsi solo fino ad un certo punto e non unire i puntini di quello che è un cerchio che si chiude di sfruttamento disumano, vuol dire non comprendere veramente la portata di quello che sta accadendo e quali siano gli interessi del grande capitale, attuati attraverso le guerre, la globalizzazione e la libera circolazione dei fattori produttivi.
Quindi, è bene convincersi che le crisi migratorie sono volute e favorite dal sistema neoliberista e non da questo osteggiate. E rientrano nel piano complessivo di assoggettamento delle classi subalterne, da parte di quelle dominanti. 

sabato 24 settembre 2016

Modo di produzione schiavistico - una citazione





Il modo di produzione schiavistico nell'antica Roma, descritto in poche righe in un romanzo di uno scrittore statunitense comunista.
Esercito industriale di riserva e reddito di cittadinanza nell'antichità. Per chi sa e vuole capire.

Dedicato a tutti i sostenitori a vario titolo (anche inconsapevoli) del neoschivismo liberista.

"...Attraversare le vie strette del mercato con le loro file di carrette e bancarelle, dov'erano esposte in vendita le mercanzie di tutto il mondo, rappresentava per lui un'avventura sempre nuova. Era noto a mezza città.
Sempre il solito "Ehi Gracco!" si levava da ogni parte, senza alcuna cerimonia né formalità, e i venditori, i ciabattini, i mendicanti, i perdigiorno, i carrettieri, i muratori, i falegnami, tutti lo amavano perché era uno di loro e si era aperto, lottando con gli artigli, la via fino al successo. Lo amavano perché quando comperava i voti pagava il prezzo più alto. Lo amavano perché non si dava arie, perché preferiva camminare all'andare in lettiga e perché aveva sempre tempo per fermarsi a salutare un vecchio amico. Che non offrisse alcun rimedio alla loro miseria crescente e alla loro desolazione, in un mondo in cui gli schiavi li riducevano a fare i perdigiorno e i mendicanti, costretti a vivere del sussidio dello stato, non aveva alcuna importanza; non avevano idea che esistessero rimedi. E lui, a sua volta, amava quel loro mondo di desolazione, dove i torreggianti caseggiati quasi si toccavano sopra ai vicoli luridi e dovevano esser tenuti separati con travi; quel mondo di strade, le sporche, rumorose e misere strade della più grande città della terra..."

Howard Fast da "Spartacus" (1951)


Esecutori e mandanti





È fondamentale capire che Renzi è solamente un esecutore, e come tutti gli esecutori, è facilmente sostituibile. Se allargassimo un po' lo sguardo, senza restare autisticamente attaccati al presente, ci accorgeremmo che i governi succedutesi dal trattato di Maastricht in poi, sono stati sempre più, proprio questo: esecutori, non del potere legislativo interno, ma di quello imposto dal vincolo esterno della UE.
La controriforma autoritaria alla nostra Costituzione l'hanno preparata, voluta e imposta, i tanti soggetti e centri di potere delle oligarchie economiche e politiche occidentali, e in special modo BCE e JP Morgan, e da questi rivendicato esplicitamente.
Non voler capire o vedere questo, è come parlare della Seconda guerra mondiale, senza mai nominare Hitler.

mercoledì 21 settembre 2016

Voler essere come tutti gli altri



Dedicato a quanti pensano sia più giusto lasciar parlare il moloch totalitario di una pseudo coscienza collettiva, invece di dare ascolto alla propria. E di conseguenza conformare il proprio comportamento e pensiero a questa super coscienza.
Che sia più rassicurante il giudizio, la linea e la morale del proprio gruppo di appartenenza ideologica, sociale o filosofica, che intraprendere un cammino di crescita etica anche contraddittorio, ma che rispetti se stessi.

Sovranità nazionale e Costituzione



A proposito del Referendum sulla controriforma alla Costituzione della Repubblica Italiana, è bene sottolineare alcuni concetti relativi alla sovranità, richiamata come fondamentale dall'art. 1.

"La sovranità degli Stati e le decisioni politiche sono tramiti necessari di qualsivoglia assetto internazionale. Il vago e umanitario cosmopolitismo, che nega sovranità e indipendenza degli Stati, non giova né alla cooperazione né alle pacifiche intese. Esso distrugge il reale e storico fondamento dei suoi stessi disegni. Non senza gli Stati, ma solo attraverso gli Stati, e dunque con la mediazione del volere politico, sono perseguibili gli obbiettivi di carattere internazionale.” (Natalino Irti - giurista)

“...la sovranità, lungi dall’essere incompatibile con il diritto internazionale, è anzi un concetto - e, se si vuole, un “istituto” - suo proprio. In primo luogo, la sovranità è riconosciuta (o denegata) precisamente da norme internazionali. In secondo luogo, la sovranità è il presupposto per l‘applicabilità di (altre) norme internazionali.
La sovranità, insomma, è non la negazione di ogni obbligo internazionale, ma al contrario il suo necessario presupposto: solo gli stati sovrani sono soggetti ad obblighi internazionali.” (Riccardo Guastini, giurista)

“Non si riesce a comprendere perché lo stesso senso di pudore e di autocontrollo non debba essere avvertito da coloro che evocano la «follia autarchica», di fronte a ogni modesta proposta ispirata al fatto che, da che mondo è mondo, le politiche commerciali sono state informate a un dosaggio, non sempre raffinato ma reale, tra protezionismo e liberismo. La mancanza di rispetto verso se stessi, più che verso gli altri, da parte di coloro che con tanta stravaganza stabiliscono l’identità tra protezionismo e autarchia è rafforzata dal fatto che essi, di certo, non ignorano in quanti modi subdoli il protezionismo sia praticato proprio dai paesi che occupano posizioni di egemonia sul piano mondiale.” (Federico Caffè - economista)

“I fondamentali orientamenti normativi - eguaglianza, relazioni sociali governate da regole legali, libertà generali, rispetto per i diritti umani - anche se spesso non pienamente praticati, restano legati allo stato-nazione.
Paradossalmente, lo stato-nazione funziona anche come barriera sostanziale, nella misura in cui tali orientamenti restano mere finzioni al di fuori dei confini dello stato-nazione.
I diritti umani trovano infatti sostanza solo in quanto codificati come diritti civili entro uno stato-nazione, mentre le relazioni internazionali restano affidate alla dipendenza (coloniale), alla violenza e alla guerra.” (Giancarlo Montedoro - giurista)


sabato 17 settembre 2016

Euro, Costituzione, sovranità: un percorso politico alternativo




E' luogo comune molto diffuso e assolutamente privo di fondamento quello che tenta di attribuire a tutti gli oppositori dell’euro, la tesi per cui una semplice uscita dalla moneta unica risolverebbe ogni problema economico. Sarebbe da sciocchi il solo pensarlo, basterebbe leggersi, per esempio, Il tramonto dell’Euro” del 2011 (!!!) di Alberto Bagnai per avere una risposta ben più che esauriente, o per altri versi "La Costituzione nella palude" di Luciano Barra Caracciolo.

Proverò, però, a dare un contributo sintetico per un percorso di massima, che non ha la pretesa comunque di voler essere esaustivo, ma che nella sua parzialità, parta dal capovolgimento del paradigma del pensiero unico dominante: “più Mercato e meno Stato” ed evidenzi alcuni punti essenziali, che ritengo imprescindibili. 

Premetto che, tra l’altro, potremmo trovarci entro breve a “subire” un’uscita dall’euro, a prescindere dalla nostra volontà, infatti, i sempre più insostenibili squilibri di carattere economico - finanziario rendono più vicina questa possibilità.

lunedì 12 settembre 2016

L'alienazione del fare per il fare

L'alienazione di Roberto Sambonet


Leggere, studiare e informarsi possono essere attività politiche molto rilevanti, e non solo passivo arricchimento della cultura personale.
E' attivismo allo stato puro, assolutamente fondamentale. E lo è soprattutto se lo si fa finalizzandolo alla crescita della capacità critica e nell'allenare la propria apertura mentale.
Non a caso Gramsci diceva: «Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza». Dove appunto, l'istruitevi era una precondizione essenziale.
E non basta istruirsi, è necessario condividere e confrontare il proprio sapere. Allora, si, che lo studiare diventa l'attività principe.
Il fare per il fare non è necessariamente una modalità positiva, anzi spesso il fare senza costrutto, il muoversi ad ogni costo, nasconde alienazione, nevrosi e frustrazione. Oltre al fatto, che se non si mettono a punto continuamente le proprie azioni, facendole passare al setaccio della critica e dell'autocritica, spesso si commettono errori anche gravi.
D'altronde di governi del fare è completamente piena la Storia italiana degli ultimi 25 anni... talmente piena da aver condizionato a dismisura il discernimento di tutti noi.

venerdì 9 settembre 2016

Il dubbio



La cultura pop (di genesi ordoliberista, che ogni pensierino edificante fagocita) ci ha oramai avvelenato, in molti, in tanti asseriamo, o veicoliamo, tutto e il contrario di tutto (facebook ne è un'ottima palestra), senza indagarne il significato e rimanendo in superficie.
Ma non ne abbiamo colpa, è questa de-realtà che ci induce a non avere più fiducia nel dubbio.

"dubitando ad veritatem pervenimus" (cit.)

mercoledì 7 settembre 2016

Autorazzismo e fascismo


Ritengo che la causa dell'autorazzismo italiano sia da ricercare nella caduta del fascismo.
In una prospettiva di "sinistra", come senso di colpa nei confronti della disgustosa orgia di patria e morte che giustificava il colonialismo, e quindi come reazione alla paura che ogni sentimento di identità nazionale potesse e possa essere preso come nazionalismo e di conseguenza simpatia col fascismo, questo nonostante la lotta di liberazione nazionale. Senso di colpa che ha portato e porta a subire con entusiasmo il colonialismo.
Nella prospettiva di destra come complesso di inferiorità di fronte ad un passato glorioso, che ci avrebbe trasformato da colonizzatori in colonizzati, da potenza imperialista a colonia sub-imperialista, e di conseguenza in un popolo senza spina dorsale, ritenendo allo stesso modo, alla fine, giusta la mano dei colonizzatori esterni.
Ben poco, in definitiva, ha potuto la Costituzione democratica e antifascista pluriclasse, che ha tentato una ricomposizione del sentimento di identità nazionale all'insegna della salvaguardia dei diritti sociali.
La propaganda straniera ha certo contribuito, ma è la stessa che subiscono, ad esempio, anche gli spagnoli e i greci, con, però, differenti esiti.
 
 

Il mito della Meritocrazia



Corruzione, autorazzismo, sprechi e mancanza di meritocrazia, questi sono tra gli argomenti preferiti dalla propaganda dell'odierno minculpop. Spesso trattati insieme, in una sorta di miscela caustica, buona per tutti i palati. Gusci svuotati da ogni significato oggettivo, diventano strumenti di distrazione di massa funzionali ad una narrazione del potere mercatista, che tenga lontano dalle vere cause della crisi e dell'assoggettamento delle classi subalterne.
Si prenda ad esempio la quaestio sulla meritocrazia. In un capovolgimento di paradigma, si fa credere che questa sia assente e che invece di essere un disvalore, sia una delle cose da cercare col massimo impegno, che la sua assenza sia una dei motivi di degenerazione della nostra società, quando invece la meritocrazia, come d'altronde la corruzione, è sempre esistita.
Trova la sua ragion d'essere nella guerra tra poveri, nella precarietà (esistenziale e lavorativa) sempre più diffusa, ognuno preso dalla sua sfera individuale, convinto di essere vittima dell'ingiustizia e della mancanza di valorizzazione delle proprie capacità. In una corsa verso l'arrampicamento sociale e nell'annullamento di ogni sentimento di solidarietà collettiva.
Quando invece la meritocrazia è tutt'altro che assente, crea discriminazione, ed è applicata con criteri autoritari propri della società di appartenenza, vive nei rapporti di produzione e nelle regole indiscriminate stabilite dalle élite. E' il predisporsi ad accettare lo schiavismo, purché si riconosca il merito.
Oltre ad essere funzionale al progressivo affermarsi della tecnocrazia, in luogo della democrazia.
Ma al contrario delle storielle sulla corruzione, quella sulla meritocrazia è molto più pervasiva, perché la prima si fonda anche sul senso di colpa, ben funzionale esso stesso alla riproduzione del totalitarismo. In fondo ognuno può essere vittima innocente della giustizia (come il Josef K. del "Processo di Kafka"), ognuno, in cuor suo, sente di avere sempre qualcosa da temere, anche se poi i corrotti sono sempre gli altri.
L'assenza di meritocrazia è invece ingiustizia pura e "mi" colpisce preferendo chi non lo merita. Ognuno di noi sente di essere più meritevole di altri e l'unica solidarietà che crea è una distorsione di questo valore: sono solidale solo nei confronti di quei soggetti (pochissimi) che ce l'hanno fatta e in cui è possibile potermi riconoscere. Ma pure in questo caso più che solidarietà, è invidia che rischia di trasformarsi di nuovo in odio. 
Per approfondire consiglio i notevoli "Appunti di meritocrazia" del Pedante.

martedì 6 settembre 2016

Spesa pubblica e PIL

La tabella che vedete e che sta sul sito del governo mostra quanto la spesa pubblica (che da noi si chiama spreeeechi) sia stata incrementata dal 2009 al 2014 in Italia, nei paesi del nord Europa, all'interno della UE, con in più Norvegia, Giappone e USA. 



Quello che il governo vorrebbe dimostrare è che noi siamo il Paese che ha sprecato di meno, in confronto ad alcune nazioni con le quali il paragone e a dir poco improponibile.
Bene! Anzi male! Visto il trattamento di favore riservato ai Pesi più ricchi della stessa UE. E considerata, inoltre, nonostante questo, la conclusione a cui arriva il governo è che "l'Italia crede nell'austerità espansiva e nella equivalenza ricardiana di Barro e non crede al moltiplicatore fiscale della spesa pubblica e all'acceleratore finanziario" (anche se poi va col cappello in mano a Bruxelles a chiedere un po' di flessibilità in più).
A tutto ciò si aggiunga l'arroganza della Commissione europea che ci bacchetta perché non abbiamo fatto abbastanza e che ci vorrebbero altre "riforme".
Peccato che poi per la Germania l'incremento maggiore di spesa pubblica ha significato un 1% in più di PIL sull'aumento complessivo e per la Francia un mezzo punto in più...
La seconda tabella, a cura del Sole 24 Ore, mostra quanto debito pubblico (che è sempre brutto secondo il mainstream), abbiamo rispetto ad altri paesi.



La terza a cura dell'AMECO (Annual macro-economic database) della Commissione Europea, ci mostra la spesa pubblica complessiva pro-capite.
 

Beh, però c'è la corruzzzzzioooooone...

Per il resto vi rimando ai post di Quarantotto:

La via Appia nel 71 A.C.





"A quel tempo Roma era come un cuore che pompava il suo sangue lungo le grandi strade maestre che si spingevano fino a ogni angolo del mondo.
Un'altra nazione sarebbe durata magari un migliaio d'anni per costruire al massimo una sola strada di terz'ordine atta a collegare tra loro le sue maggiori città. Diverso fu il caso di Roma. "Costruiteci una strada!" diceva il Senato. E ne avevano la possibilità.
Gli ingegneri la progettavano; quindi le squadre di lavoro costruivano
quella strada con la velocità di una freccia, in qualunque luogo dovesse portare. Se una montagna si parava sul cammino, ci si liberava della montagna; se c'era una valle profonda, si gettava un ponte sulla valle; se c'era un fiume, un ponte lo scavalcava. Niente fermava Roma, e niente fermava la strada romana.

lunedì 5 settembre 2016

N-eurozone



La tesi è di un ordinario di psicologia generale, ospitata su Goofynomics di Bagnai, ed è suggestiva, ironica, intrigante e molto ben argomentata. Si fonda su un'interpretazione psicosociale, anche detta di cecità cognitiva, ed è riferita alla resistenza a non voler considerare come possibile un'alternativa all'euro. Un'altra motivazione, oltre quella più oggettiva e di natura economica.

In verità, qualcosa del genere, conoscendo già superficialmente gli esperimenti di Milgram, lo avevo immaginato anche io e non solo riguardo all'euro, ma a tutte quelle convinzioni un po' diciamo così "conservative" dure a morire, soprattutto a causa dei comportamenti di fronte all'autorità e conseguenti al conformismo di carattere sociale (tipo: "lo dice er partito", il gruppo di riferimento, o l'organizzazione sociale, più o meno riconosciuta.... e così fan tutti). Insomma, evviva l'ortodossia...
Il docente, invece, non immagina e espone la tesi con estrema chiarezza, questa prevede, oltre a quelle sull'autorità e al conformismo, un'altra motivazione. E c'è sicuramente da divertirsi.

sabato 3 settembre 2016

Non è la corruzzzione il problema del Brasile. E' la macro, bellezza!


La favoletta della corruzione come principale fonte di ogni male economico è oramai diventata definitivamente uno dei mezzi di maggior controllo sociale all'interno del totalitarismo neoliberista. Alla quale ben si adatta il ruolo della sfera giudiziaria, da sempre molto spesso strumento autoritario in mano al potere dominante e dal quale uso si lasciano sviare anche le menti più acute.
Dare in pasto all'opinione pubblica in maniera semplicistica alcuni soggetti sacrificabili, è opera nota e risaputa nella Storia dell'umano genere, e in fondo il potere attuale non fa certo eccezione, se non nel raffinare sempre più gli strumenti di propaganda, stimolando anche la falsa convinzione che la corruzione come causa del male, sia determinata da un'analisi oggettiva delle cose e in nessun modo soggetta ad alcuna critica, se non a quelle rozze dell'opportunismo di matrice politica.
In Brasile, per mezzo del golpe giudiziario, la farsa si è ripetuta puntualmente e quest'articolo sebbene risalente all'inizio dell'anno, al contrario, ottimamente e con accurata e chiara esposizione, mette in luce gli aspetti macroeconomici, evitati, per ovvi motivi, come la peste dalla quasi totalità dei mass media.
Manca naturalmente l'epilogo, che allora restava ancora incerto.
 
[l'articolo sta qui ed è preso da Politica&EconomiaBlog]

giovedì 1 settembre 2016

I mezzadri di "Furore"


"Furore" di John Steinbeck non è solo un poderoso romanzo sociale, è molto di più. [Ne ho già parlato anche qui]
Ieri come oggi.
Neoliberismo, libera circolazione dei capitali, deregulation, dittatura speculativa e finanziaria delle banche, guerra alle classi subalterne, deprivazione, sradicamento, migrazioni (alias deportazioni), esercito industriale di riserva, dumping sociale, impoverimento generalizzato.
Se non fosse stato per il New Deal roosveltiano, le cose sarebbero andate molto peggio.... ma oggi?

"...Pa’ si rivolse genericamente al gruppo. “È dura per una famiglia mollare tutto e andarsene. Una famiglia come la nostra che aveva la sua casa. Noi mica siamo vagabondi. Prima che arrivavano i trattori eravamo gente con una fattoria.”
Un ragazzo smilzo, con le sopracciglia ingiallite dal sole, voltò piano la testa. “Mezzadri?” domandò.
“Sì, mezzadri. E prima era tutto nostro.”
Il ragazzo tornò a guardare davanti a sé. “Uguale come noi,” disse.
“Per fortuna è roba che passa,” disse Pa’. “Ora andiamo all’Ovest, ci troviamo un lavoro e ci compriamo un pezzo di terra coll’acqua per coltivarla.”

Una teosofia monoteista

Arnold Böcklin "L'isola dei morti"


Il pensiero unico neoliberista, in tutte le sue varianti, anche in quelle in apparente opposizione, come il pauperismo decrescista (che si autoregolamenterebbe in parallela analogia col libero mercato), offusca le menti, per prepararle ad una de-realtà, in cui non è il mondo a contenere svariati mondi, ma i molti mondi schiacciati dall'unico mondo. Una sorta di nuova teosofia monoteista, in cui le dottrine si succedono l'una all'altra per essere divorate inesorabilmente. Ricacciando semplici preposizioni razionali nel limbo della follia e dell'eresia. Un mondo perfettamente capovolto.

[la citazione nell'immagine sotto è tratta da un commento di Bazaar a questo post di Orizzonte48]